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Italiano

LA PELLE DELLA TERRA
(Canzone Cantoria Italiana 2002, cantata per Elisa Marins)

Le tue mani                       
saranno bandiere nei miei occhi       
quando coriosa e libera           
andrò trovarti.               
Non morirò di tempo       
sanguinante di dubbi.           
Sempre dico che respiro           
anche se sono sempre a chiedermi       
invano               
dove devo andare                   
e chi sei tu                   
che soffi lumi di sorriso       
ed un filo di sole       
sulle cime del mio cielo.       
Ora               
soltanto scambio con te               
battiti di cuore           
all’ombra della mia ombra.       
Battiti                   
che mi inchiodano       
sulla finestra                   
di orizzonti murati.   
Ma mi nutro di mani           
di giorni ed specchi       
e dono a me stessa       
l’immenso sfiorire del sole.       
E nidi e nidi di nulla           
che un giorno           
saranno le treccie di luce       
del nostro primo sguardo.       
Un giorno               
nel bronzo del tempo           
ti andrò incontro           
e accenderò                   
la pelle della terra.                   

ETERNO

Ti ho conosciuto nel fango di origine,
nel principio di tutto,
quando insieme
abbiamo imparato
del vento, del sole,
del mare e della rinunzia.
Dopo, per mille anni,
abbiamo viaggiato
nella disperazione, nell’ombra
e nella solitudine dei continenti.
E abbiamo mangiato
e respirato
fra i sogni e la roccia,
e respirato della luce
fino il lungo e silenzioso inverno
penetrare nell’aria dei suoni
e in tutte le notti
in cui siamo stati
vene dello stesso sogno.
Nel tempo dei regni senza forza
abbiamo lasciato morire il cuore,
sorpreso e innocente,
con mille grida nel fondo
gli occhi profondi,
e così abbiamo imparato ancora
il nome della frutta,
della colomba della pace,
degli uccelli gialli
e dei fiori solitari e timidi
che germogliano nelle pietre dei fiumi.
E siamo rimasti muti
fra orologi e polizia,
macchine da scrivere,
parole false
e purezza di sogni suicidi.
E ci siamo trovati lì,
attraverso i segni del tempo,
nel sapore delle nuove danze.
Ma non ci siamo salvati!
Perchè abbiamo cantato un’altra volta
la stessa canzone
di lontananza e invisibili mani,
i nostalgia che non ci aspetta,
di speranza graffiando le albe
di notti e notti insieme al dolore solitario.